IUTER x Lancia x Benedict Radcliffe

IUTER e Benedict Radcliffe collaborano ufficialmente con Lancia per celebrare due miti del rally Made in Italy: Lancia Stratos e Lancia Delta Integrale.

Benedict ha forgiato una versione “wireframe” della Lancia Stratos in scala 1:1 per celebrare la collezione FW20 “Vita Veloce” di IUTER. Dopo i mesi passati in officina a piegare, saldare e verniciare di giallo i tubi d’acciaio che compongono la scultura, l’artista ci ha chiesto di disegnare per lui una divisa da lavoro che andasse incontro alle sue particolari esigenze: così è nata la capsule collection IUTER X VHP.

Acronimo di Very Heavy Products, VHP Ltd. è il marchio attraverso cui Benedict commercializza tutto il suo lavoro. “Quando lavoro nella mia officina o quando giro il paese con il mio furgone, indosso sempre abbigliamento brandizzato VHP”, dice Benedict Radcliffe. “È qualcosa di simile a ciò che indossano commercianti e operai in tutto il Regno Unito, ha un aspetto elegante e professionale. Amo i loghi grandi e a volte ingenui, amo quel tipo di lavoro grafico.”

La capsule collection Iuter X VHP include Work Jacket, Work Pants, Polo da officina e classico cappellino. Tutti i capi sono ricamati con i marchi Radcliffe, VHP, IUTER e Lancia. Il logo di Lancia presente sui capi è quello originale del 1974, anno della prima di tre vittorie consecutive nel mondiale di rally: per questo tutti i capi presentano anche la dicitura “three in a row”. Della collezione fa parte anche una t-shirt, già vista (nella versione friends & family con stampa gialla e rossa) all’evento di presentazione della scultura al Parco Sempione di Milano.





Oltre all’abbigliamento, sarà in vendita anche una Lancia Delta HF Integrale in ceramica, che monta ruote da skate personalizzate IUTER x Benedict Radcliffe. Edizione limitata, numerata e firmata di 25 pezzi per 4 colori: bianco, rosso, giallo e blu lagos. Un vero e proprio pezzo d’arte, in partnership ufficiale con Lancia.


La prima volta che le vedi, sicuramente le vedi da uno schermo, e non capisci bene. Linee colorate compongono automobili tridimensionali, in mezzo alla strada, tra la gente. Sembrano immagini di AutoCAD sovrapposte a qualche fotografia, un fotomontaggio buono per Instagram. Niente di più sbagliato. Il lavoro di Benedict Radcliffe bisogna osservarlo bene, meglio se dal vero, meglio se da vicino, per capirlo. Meglio toccarlo, salirci sopra.

Una Subaru Impreza è stata la prima. Poi Ferrari F40, Austin FX4 (il classico taxi londinese), Toyota Celica, Lamborghini Countach, Jaguar E-Type... Tutte ricostruite con una struttura di barre d'acciaio, tagliate, piegate e saldate a mano. Poi verniciate con colori accesi, come la Range Rover Evoque rosa neon esposta a Ginevra per il Motor Show del 2011. Potete chiamarle sculture, anche se non siamo certi di quale sia la definizione giusta. In ogni caso, hanno colpito al cuore sia gli appassionati petrolhead che i galleristi.

Quando abbiamo chiesto a Benedict di costruire per IUTER una Lancia Stratos gialla, sapevamo che ne sarebbe stato entusiasta: del resto è nato in Scozia negli anni Settanta, e suo padre, appassionato meccanico (“aveva sempre una macchina da riparare nel vialetto di casa”), gli ha trasmesso l'amore per i miti del rally di quegli anni. La Stratos, tre volte campione mondiale tra il 1974 e il 1976, con le sue linee rivoluzionarie e futuristiche, disegnate da Marcello Gandini, era il candidato perfetto. Benedict ha impiegato mesi a ricostruirla, chiuso nel suo laboratorio dell'East end londinese, e ne è ancora entusiasta oggi, che la Stratos è in mostra – da qui all'eternità – a Milano, davanti alla sede IUTER.

Benedict Radcliffe: Marcello Gandini è il mio designer preferito, ho passato ore a studiare il suo lavoro e il suo linguaggio visivo. Credo che il mio lavoro sia al 100% una celebrazione del suo: ricostruire una Lancia Stratos o una Lamborghini Countach significa in qualche modo incoraggiare lo spettatore a guardarle di nuovo, a guardare davvero quelle linee meravigliose, la geometria... 

Dal tavolo da disegno dove produco le bozze delle auto in scala 1:10, alle pareti dello studio dove diventano a grandezza naturale, poi ai prototipi scolpiti nell'argilla, infine alla produzione effettiva, che è come un nuovo disegno, ma a grandezza naturale, in tre dimensioni e in acciaio, non con carta e matita... è tutto un lavoro circolare. Mi concentro sulle linee esterne – che sono allo stesso tempo assolutamente familiari e sublimi – piuttosto che su ciò che c'è sotto la pelle, il motore e la trasmissione che danno all'auto movimento. 

Dopo questo processo, queste auto iconiche diventano meno familiari, perché sono trasparenti: puoi vedere entrambi i lati contemporaneamente, o la parte posteriore dalla parte anteriore. Quindi diventano un oggetto più astratto, scollegato da ciò che è un'auto vera. A volte vi prendo anche delle libertà, ritocco e aggiungo linee che potrebbero non esserci, per migliorare qualche aspetto e far lavorare un po' di più l'occhio dello spettatore. Mi capita anche di dover aggiungere qualche elemento di supporto per rendere la struttura più solida, ma spero di riuscire a farlo in un modo elegante, ecco. È necessario che rimangano in piedi e siano solide, ma non troppo: mi piace il modo in cui traballano e tremano quando qualcuno le sfiora.

IUTER: Sempre parlando di Gandini, lui dice che oggi nel mondo dell'auto la personalità dei singoli designer fa fatica a emergere, che i grandi marchi difficilmente si prendono dei rischi... Pensi che le auto di oggi siano meno eccitanti di quelle del passato?

Sono d'accordo. Ho praticamente smesso di seguire le ultime novità, non saprei neanche dire quali siano i nuovi modelli MacLaren o Ferrari. La maggior parte del nuovo design automobilistico mi lascia abbastanza freddo. Il fatto è che ci sono dei motivi diciamo pratici per cui le auto sono diventate più tondeggianti: da una parte i governi spingono sul risparmio di combustibile, e quindi su curve più aerodinamiche, dall'altro le nuove tecnologie permettono di fabbricare più facilmente pezzi curvi. Gandini, Giugiaro, Fioravanti... loro usavano le loro matite e i loro occhi, non i computer: è chiaro che ognuno di questi maestri aveva il suo stile, personale e ben definito.

C'è almeno un modello nuovo che ti piace?

Mi interessano le nuove Porsche, in generale, perché in pratica stanno solo raffinando la forma della 911, rendendola più cattiva. La amo.

Cosa è cambiato nel tuo modo di lavorare, da quando hai messo la prima Impreza nelle strade di Glasgow?

Sono già passati quindici anni? Wow... in effetti, era il 2005. Beh, potrei dire che il mio modo di lavorare non è cambiato molto. È ancora un lavoro molto concreto. Come dicevo prima, i grandi designer di auto usavano le matite e gli occhi, immagino che abbiano passato ore a camminare intorno ai loro prototipi, ai loro modelli. Gli occhi non mentono, si dice così, no? ... O erano i fianchi? 

Comunque, anch'io passo un sacco di tempo a guardare e a squadrare il mio lavoro, per poi modificarlo finché non sono soddisfatto. 

Negli ultimi 6/7 anni ho usato più tecnologia come software CAD e scansione 3D, ho cominciato a lavorare con un piccolo team di brillanti ingegneri, che mi aiutano con i problemi strutturali, e di abili costruttori. Credo che il viaggio sia solo all'inizio, sto sperimentando con nuove tecniche e materiali di cui sono entusiasta: al momento sto lavorando con i tubi piuttosto che con l'acciaio solido, ed è molto divertente...

A proposito di divertimento, ti piace ancora mettere le sculture finite in strada? Ti sei mai considerato, tipo, uno street artist?

Il fatto di mettere l'auto sulla strada non è fondamentale per il mio lavoro, ma sì, è molto divertente! Il divertimento è importante. Per il resto, non mi definirei street artist, ma certamente sono stato molto ispirato da personaggi leggendari del mondo dei graffiti, da Keith Haring a Dondi e Blade, e dai primi Banksy e Kaws.

A parte le auto, quali sono le tue altre ossessioni personali?

Le moto.

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